Prima del Covid, lo sciopero trasporti era già discutibile. Dopo la pandemia, lo sciopero trasporti di oggi 11 ottobre (come i successivi) lascia davvero perplessi. Alla fine, il povero cittadino si deve arrabattare fra mille guai. In un momento complicatissimo sotto il profilo sanitario, coi pasticci del Green pass, con l’economia che traballa, i prezzi dell’energia alle stelle, lo spettro della disoccupazione.
Fantozzi, il cittadino comune, il pendolare, che usa i mezzi pubblici per andare a lavorare, subisce lo sciopero trasporti come non mai. Fa ritardo sul posto di lavoro, ha la tiratina di orecchie da parte del capo di turno, perde ore di lavoro e quindi di stipendio in busta paga. O deve mettersi per ore in mezzo a un traffico infernale, reso ancora più demoniaco delle piste ciclabili, del tutto inutili, se non dannose.
Non discutiamo le ragioni per cui le braccia vengono incrociate. Le singole organizzazioni sindacali hanno dettagliato in modo diverso le ragioni dello sciopero. Tra queste: l’opposizione a tutti i licenziamenti, l’introduzione del Green pass, la lotta alle discriminazioni e alla precarietà e la richiesta di garanzia del reddito e di sicurezza sul lavoro. La questione non è il motivo della protesta, ma la modalità.
Sciopero trasporti: contro i politici
Chi sciopera ce l’ha contro il cittadino? No di certo. Ce l’avrà contro i politici, i decisori. Per far sentire la propria voce oggi ci sono mille modi più intelligenti, anche per fare squadra col resto della popolazione: i social, i comunicati ai siti Internet, i blog. Basta saper parlare, scrivere, comunicare coi toni giusti e corretti, senza eccessi.
L’obiettivo (inteso come il destinatario della protesta) è il politico, che spesso guadagna cifre folli a fronte di decisioni errate; magari pure dalla dubbia moralità. Il target non è il cittadino. No alle guerre fra innocenti, o fra poveri.
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