Alla luce delle evidenti difficoltà che si andranno ad incontrare in materia di riforma delle pensioni, occorre provvedere a misure dal basso costo, e la pensione a 63 anni in due quote sarebbe quella più economica.
Senza la quota 100 si perderà una misura che consente di andare in pensione a 62 anni. Verrà a mancare quello che a tutti gli effetti era un vero scivolo pensionistico. Senza vincoli particolari, senza penalizzazioni di assegno, senza limiti di platea.
La quota 100 è una misura che senza dubbio mancherà a molti lavoratori, soprattutto quelli che non riusciranno ad arrivare a 62 anni di età entro la fine del 2021, oppure che non riusciranno a completare i 38 anni di contribuzione necessaria.
E si abbatterà su di loro uno scalone di 5 anni, perché a fronte di qualche anno o anche solo di qualche mese in meno di età o contributi, senza nuove misure la pensione per loro slitterà a 67 anni. Ecco perché si parla di nuove misure, ma con un occhi ai conti pubblici.
Serviranno misure dal basso impatto per le casse dello Stato, ma che allo stesso tempo permettano un anticipo della pensione. E una proposta del Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sembra quella più vicina a centrare il duplice obbiettivo.
La pensione a 63 anni con l’Ape sociale e come funzionerebbe rispetto alla quota 100
Chi paragona l’Ape sociale alla quota 100, o chi vorrebbe potenziare la prima per detonare lo scalone che produrrà la seconda, forse sbaglia.
Innanzi tutto la quota 100 prevede una uscita dai 62 anni di età, mentre l’Ape sociale dai 63. Poi, la quota 100 è aperta a tutti. L’Ape sociale è destinata a disoccupati, caregivers, disabili e lavori gravosi. Anche estendendo a più attività la qualità di lavoro gravoso, non si arriverebbe mai alla generalità dei lavoratori come prevedeva la quota 100.
E poi, quota 100 prevede eventuali maggiorazioni sociali, eventuali assegni familiari, la tredicesima ed è reversibile a causa di morte del pensionato. Per l’Ape nulla di tutto ciò, perché non si applicano le maggiorazioni e i trattamenti integrativi, non si ha diritto a tredicesima ed assegni familiari e in caso di morte, la prestazione muore con il pensionato.
L’uscita a 63 anni proposta da Tridico per la riforma delle pensioni
Escludendo l’anno in più necessario rispetto alla quota 100, cioè dai 62 ai 63 anni, appare più fattibile la proposta Tridico. Infatti la differenza, che effettivamente resta di elevato impatto, è quella sull’entità dell’assegno di pensione erogato. La proposta di riforma delle pensioni di Tridico resta alquanto particolare.
Il pensionato con la proposta di Tridico potrebbe lasciare il lavoro a 63 anni, ma accettando di prendere di meno di pensione. Ma la penalizzazione riguarderebbe solo i primi anni di pensione, perché una volta arrivati a 67 anni si percepirebbe l’assegno intero spettante.
Il discorso riguarda il sistema contributivo. Per il numero uno dell’Inps infatti, si potrebbe concedere il diritto alla pensione anticipata a 63 anni a chi accetterà di farsi liquidare solo la pensione calcolata con la quota contributiva. Questa pensione verrebbe erogata per tutti gli anni di anticipo, fino ai 67 anni.
Una volta compiuta l’età pensionabile utile alla pensione di vecchiaia, il pensionato godrebbe del calcolo anche retributivo della prestazione, in base ai contributi da lui versati prima del 1996.
E la misure, rispetto a quota 100 ma anche all’Ape sociale, partirebbe da soli 20 anni di contribuzione (quota 100 ha bisogno di 38 anni di versamenti, l’Ape di 30 o 36 in base alle categorie dei beneficiari).
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