La quota 100 scade il 31 dicembre 2021 e non sarà prorogata. Niente più pensionamento a 62 anni, quindi, a partire dal 1 gennaio 2022 ma non si correrà neanche il rischio scalone di 5 anni per chi dovesse raggiungere i requisiti di pensionamento dal 1 gennaio 2022 grazie alla riforma pensioni.
Si esclude, quindi, lo spauracchio di un ritorno definitivo alla Legge Fornero (che in ogni caso resterà in vigore per chi volesse accedere alla pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne ed un anno in più per gli uomini e alla pensione di vecchiaia).
Le forze politiche, infatti, concordano tutte sul fatto che lo scalone vada evitato e che non si debba passare da un pensionamento a 62 (con quota 100) ad uno a 67 anni (con pensione di vecchiaia).
Una certezza sicuramente consolante, meno consolante, però, è che questa sia l’unica certezza che abbiamo su quello che potrebbe accadere dal 1 gennaio 2022 in ambito previdenziale.
Riforma pensioni 2022
L’Unione Europea ha bocciato senza possibilità di appello una riedizione della quota 100 in ambito previdenziale e proprio per questo quello su cui sta ragionando il governo in questi giorni è una flessibilità in uscita a 63 anni.
Non si sa ancora come e per chi visto che la discussione potrà entrare nel vivo solo dopo il 27 settembre, una volta varata la Nota di aggiornamento del DEF.
Attualmente oltre ai sindacati, anche Matteo Salvini, leader della Lega, aveva insistito su una pensione a 62 anni, visto che il cavallo di battaglia del suo partito aveva introdotto la quota 100 che permette il pensionamento proprio a questa età.
I sindacati hanno presentato, qualche tempo fa, la loro piattaforma previdenziale dalla quale emergevano due possibilità: la pensione a 62 anni e quella con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. La quota 41 per tutti, però, è ritenuta troppo costosa per le casse dello stato e dovrebbe prevedere penalizzazioni per essere attuato.
Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia, sottolinea che “Il tema dello scalone c’è. Penso che si possa ragionare su forme di anticipo che sfruttino le caratteristiche del sistema contributivo: si va in pensione un po’ prima, sempre dopo aver raggiunto una certa anzianità, a 63, 64 o 65 anni, e si accetta una penalizzazione che però non deve arrivare a quella, eccessiva, di Opzione Donna”.
Ma la flessibilità in uscita potrebbe essere realizzata anche con una eventuale proroga dell’Opzione donna e dell’Ape sociale con un occhio ai lavoratori gravosi, alle pensioni di garanzia per i giovani e quelle delle donne.
Segui MetaNews su Google News e sii il primo a conoscere tutte le Notizie dal mondo.