Legge di Bilancio da varare entro la fine di ottobre, campagna elettorale per le amministrative e giochi politici hanno riportato al centro del dibattito il Reddito di cittadinanza. Una misura che molti vorrebbero abrogare.
Le opposizioni del governo per esempio, con Fratelli d’Italia in prima linea contro la misura. Ma anche partiti dentro la maggioranza dell’esecutivo Draghi non sono favorevoli alla misura, nonostante siano stati anche loro ad approvarla con il primo governo Conte. Parliamo naturalmente della Lega di Matteo Salvini.
Ed anche l’altro Matteo della politica, cioè Renzi con il suo Italia Viva, chiede l’abrogazione del Reddito di Cittadinanza. Per contro, il Movimento 5 Stella e il Partito Democratico continuano a difendere a spada tratta la misura, ma con gli opportuni correttivi su ciò che in questi 3 anni circa non ha funzionato (la misura è in vigore dal 2019).
Reddito di cittadinanza, politiche attive e sussidio
Il Reddito di cittadinanza è una misura che ha due aspetti fondamentali, uno di carattere assistenzialistico e l’altro di carattere sociale. Il primo è senza dubbio quello che ha funzionato bene e che anche il Premier Draghi ha giudicato come una specie di toccasana in questi lunghi mesi di crisi economica per la pandemia.
Il sussidio ha funzionato, perché i soldi a famiglie e singoli in condizioni di disagio sono arrivati puntualmente evitando situazioni drammatiche per milioni di famiglie che vivono in prossimità della soglia di povertà.
Ciò che non ha funzionato è il lato sociale, con il ricollocamento lavorativo dei beneficiari che ha fallito su tutta la linea. Pochi i beneficiari attivabili del sussidio, che hanno trovato un nuovo lavoro grazie al Reddito di cittadinanza. I navigator non hanno funzionato. Ci sono ancora famiglie che dopo 18+18 (i mesi di fruizione del sussidio, si trovano nella medesima condizione iniziale, cioè in procinto di chiedere altri 18 mesi.
I correttivi in arrivo
Ecco che allora si pensa a trovare soluzioni che rendano più equo il Reddito di cittadinanza. Correttivi che lo rendano più indirizzato verso l’aspetto sociale e lavorativo di cui è carente. Innanzi tutto sembra scontato che si arrivi ad estendere il beneficio a stranieri fino ad oggi esclusi per via dei 10 anni di residenza in Italia prescritti.
Potrebbero essere accorciato a 5 anni il periodo di permanenza in Italia utile al sussidio. Un modo per allargare la platea dei beneficiari facendo entrare molti poveri che per un vincolo come quello dei 10 anni sono stati esclusi dall’unica via di sostentamento che potevano trovare.
Si pensa poi di cambiare la scala di equivalenza che è lo strumento utile a quantificare gli importi da erogare ai richiedenti. Una scala di equivalenza che deve dare maggiori benefici alle famiglie con figli, oggi penalizzate dal meccanismo adottato.
Oltre all’adozione di nuovi strumenti utili a trovare impiego ai beneficiari, probabile un restyling della componente relativa al cosiddetto affitto imputato. Oggi per chi vive in casa in affitto, il Reddito di cittadinanza eroga 250 euro al mese.
Tale componente va parametrata in base alla zona di residenza del beneficiario e della sua famiglia. Gli affitti in Italia non hanno un costo standard, perché ci sono zone dove costano di più e abbondantemente sopra i 250 euro del RDC, ed altre dove costano meno.
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