La riforma delle pensioni, ormai, è entrata nel vivo andando, pian piano a definire quello che sarà il futuro previdenziale a partire dal prossimo anno. Via la quota 100, avanti la quota 102. Resta, ovviamente la legge Fornero e, quindi, la pensione di vecchiaia e quella anticipata.
Il decreto ministeriale dello scorso 27 ottobre sancisce la cristallizzazione della pensione a 67 anni fino alla fine del 2024: questo significa che la misura non sarà soggetta ad aumenti per adeguamento all’aspettativa di vita Istat nel 2023. Sospiro di sollievo per chi raggiunge i 67 anni prossimamente, che non dovrà pensare ad allungare la propria permanenze al lavoro.
Pensione di vecchiaia per 3 anni ancora a 67 anni
Una delle poche certezze, insieme, ovviamente, alla scadenza della quota 100.
La pensione di vecchiaia e l’assegno sociale, quindi, resteranno inalterate per altri 3 anni abbondanti.
Ma perchè? Gli aumenti dell’età pensionabile sono legati alla speranza di vita ISTAT e sarebbero dovuti scattare il 1 gennaio 2023. Ma per colpa del COVID si vive meno e questo influenza, per una volta positivamente, anche la previdenza.
L’ISTAT ha certificato che la vita media degli italiani è in calo e pertanto l’età pensionabile non auementa. Ovviamente non può neanche diminuire perchè il meccanismo, pur prevedendo aumenti in caso di crescita della speranza di vita, non permette di fare marcia indietro. Pertanto l’età pensionabile rimane congelata fino alla fine del 2024 e per eventuali nuovi aumenti si dovrà attendere il 1 gennaio 2025 (sempre a patto che la speranza di vita media aumenti).
Ma non solo per la pensione di vecchiaia: anche per l’assegno sociale l’età di richiesta rimane fissata a 67 anni per altri 3 anni.
Nulla cambia, invece, per la pensione anticipata ordinaria che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne. In questo caso non ci sono cambiamenti perchè, in ogni caso, i requisiti di accesso sono congelati fino al 31 dicembre 2026, una decisione presa in tempi non sospetti quando il COVID doveva ancora fare la sua comparsa nelle nostre vite, e di fatto, non condizionata dalla diminuzione dell’aspettativa di vita.
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