Secondo quanto stabilito dal Codice Civile all’art. 2110, se un lavoratore subordinato si assenta dal lavoro, a causa di una malattia, egli conserva il diritto a percepire la sua retribuzione.
Lo stipendio che il dipendete riceve viene erogato in parte dal datore di lavoro e in parte dall’INPS.
Indennità di malattia INPS: chi ne ha diritto e cosa fare
L’indennità di malattia che l’INPS eroga quando si verifica un’incapacità temporanea al lavoro per il dipendente, causato da un evento morboso, spetta solo ad alcune tipologie di lavoratori, quali:
- operai del settore industriale, terziario e dei servizi;
- operai del settore agricolo;
- apprendisti;
- disoccupati;
- lavoratori impiegati nello spettacolo;
- lavoratori impiegati a bordo delle navi.
L’indennità di malattia, invece, non spetta ad alcuni lavoratori, pur essendo stati assunti con un contratto di lavoro subordinato, come:
- le colf o le badanti;
- i quadri;
- i dirigenti;
- i portieri.
Ai lavoratori autonomi non è mai riconosciuta l’indennità di malattia.
Se un lavoratore, che ha diritto all’indennizzo messo a disposizione dall’INPS, si assenta dal lavoro a causa di una malattia, deve chiedere un certificato, che attesti il proprio stato di salute, al medico curante (o di famiglia) che, a sua volta, provvederà a trasmetterlo all’INPS entro il giorno successivo alla visita e al rilascio del documento.
Visita fiscale INPS: cos’è la reperibilità
Dopo il rilascio del certificato medico e la comunicazione all’INPS, per il lavoratore sorge l’obbligo di reperibilità.
Quando ci si assenta dal lavoro per l’insorgenza di una malattia, per un periodo più o meno breve, il dipendete viene sottoposto alle cosiddette visite mediche fiscali. In sostanza, egli ha l’obbligo di reperibilità presso il proprio domicilio, in determinate fasce orarie, per consentire ad un dottore inviato d’ufficio o su richiesta del datore di lavoro, di poter visitare il lavoratore e comunicare all’INPS e al datore se sussiste o meno lo stato di malattia.
Sono previste sanzioni disciplinari nel caso in cui, all’arrivo del dottore, inviato dal datore di lavoro o d’ufficio, il lavoratore non dovesse essere presente presso il proprio domicilio.
Chiaramente, sono ammesse delle eccezioni come nel caso in cui il dipendete non rispetti l’obbligo di reperibilità a causa di un ricovero o di una visita d’urgenza al Pronto Soccorso.
Qualora si verificasse una circostanza del genere, al lavoratore spetta il compito di dimostrare la sussistenza di un valido motivo che ha determinato l’assenza dal proprio domicilio.
Visite fiscali INPS: le fasce orarie di reperibilità
L’obbligo di reperibilità che riguarda il lavoratore dipendete che si è assentato a causa di una malattia, non è valida 24 ore al giorno.
Di fatto, sono previste delle fasce orarie – una la mattina e una il pomeriggio – durante le quali potrebbe presentarsi il medico per effettuare la visita fiscale.
Gli orari in cui sussiste l’obbligo di reperibilità sono riportati sulla certificazione di malattia e sono validi per tutti i giorni compresi i sabati, le domeniche e i festivi.
La fascia oraria mattutina va dalle 10:00 alle 12:00, mentre quella pomeridiana comincia alle ore 17:00 e termina alle 19:00.
Per quanto invece riguarda i dipendenti del settore pubblico e statale, le fasce orarie in cui è previsto l’obbligo di reperibilità sono:
– al mattino dalle 9:00 alle 13:00;
– al pomeriggio dalle 15:00 alle 18:00.
Anche in questo caso, la reperibilità deve essere rispettata 7 giorni su 7 quindi anche nei festivi, il sabato e la domenica.
Viste fiscali: cosa succede se non si rispetta l’obbligo di reperibilità
Il dipendete che si assenta dal lavoro a causa di una malattia, per un periodo di tempo più o meno lungo, ha l’obbligo di reperibilità, ossia di essere prendete al proprio domicilio al momento della visita fiscale. Cosa accade se, quando arriva il medio inviato dal datore di lavoro o d’ufficio, il dipendete non è a casa?
Se al momento della visita fiscale il lavoratore non ha rispettato l’obbligo di reperibilità, sono previste importanti sanzioni di tipo disciplinare. Tuttavia, sono ammesse delle riserve in particolare, nel caso in cui, l’assenza è giustificata da una visita o da accertamenti medici che non potevano essere fissati in un’altra fascia oraria oppure se sussistono gravi motivi familiari o personali, ma anche per cause di forza maggiore.
In tutti gli altri casi, l’assenza dal proprio domicilio è considerata un’infrazione al regolamento e come tale è sanzionabile. Il lavoratore che non ha rispettato l’obbligo di reperibilità può perdere il diritto all’indennizzo fino ad un massimo di 10 giorni di calendario, a partire dalla data in cui è stato rilasciato il certificato medico.
Se il comportamento irregolare da parte del lavoratore dovesse verificarsi anche una seconda volta, nell’arco della stessa malattia, l’indennità si riduce del 50% fino al suo rientro al lavoro, oltre alle sanzioni disciplinari.
E ancora, se il lavoratore non dovesse essere presente al proprio domicilio al momento della visita fiscale, per bene tre volte consecutive durante lo stesso periodo di malattia, l’INPS non riconosce l’indennità, che gli viene negata al 100%.
Malattia e orari di reperibilità: da quando inizia la malattia?
Il medico che rilascia il certificato che attesta lo stato di salute cagionevole del paziente e comunica questa informazione all’INPS, ha 48 ore di tempo per adempiere a quest’obbligo.
Tuttavia, l’indennità che viene riconosciuta ai lavoratori dipendenti dall’Istituto Nazione di Previdenza Sociale parte dal primo giorno di malattia, ossia dalla data indicata dal medico curante sul certificato.
Il medico di famiglia non può, però, rilasciare certificati per i giorni di assenza che precedono la visita del paziente.
In sostanza, se il lavoratore si ammala oggi e si assenta a lavoro, ma non viene visitato e decide di andare dal proprio medico curante il giorno successivo, il dottore, che rilascia il certificato, farà partire il periodo di malattia dal giorno corrente e non da quello precedente che, pertanto, non verrà indennizzato dall’INPS. Questo perché la data che viene segnata sul certificato non può MAI essere antecedente alla visita medica.
L’unico caso in cui il medico curante può redigere una certificato, facendo rientrare nel periodo di malattia anche uno o più giorni antecedenti alla data in cui il documento è stato redatto, si verifica quando la visita al paziente è stata eseguita dal dottore prima del rilascio del certificato.
È quindi necessario che comunque ci sia stata la visita da parte del medico per poter conteggiare anche i giorni precedenti. Ovviamente, il curante ha l’obbligo di specificare, sul certificato medico, le discrepanze temporali che sussistono tra la visita fatta al paziente e il rilascio del documento.
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