Fonte: Pixabay – Author: AhmadArdity License: Pixabay License
I cambiamenti climatici sono uno dei grandi problemi, per ora irrisolti, della nostra epoca. Gli scienziati già da tempo lanciano allarmi, ma negli ultimi tempi le previsioni si sono fatte ancora più nefaste, tanto da prevedere cambiamenti drastici in pochissimi anni, come tra l’altro dimostrano i fenomeni catastrofici che si ripetono sempre più di frequente (vedi la tempesta che ha colpito le Filippine a dicembre).
I movimenti ambientalisti insistono perché si ponga rimedio a condotte pericolose per il futuro della Terra e le persone sono sempre più sensibili al tema, tanto da chiedere – anzi, pretendere – che le aziende adottino comportamenti virtuosi che riducano l’impatto sull’ambiente.
Una delle industrie “sotto accusa” è quella della moda, in particolare la moda prêt-à-porter: secondo alcuni dati, per produrre un paio di jeans servono quasi 8mila litri d’acqua, un quantitativo spaventoso per un indumento che può durare al massimo un paio d’anni. Ecco perché sia le grandi firme della moda sia i brand di moda prêt-à-porter si stanno muovendo per ridurre emissioni e consumi e adottare scelte produttive eco-sostenibile e a impatto ridotto.
Tra moda e sostenibilità ambientale ci sono molti più punti in comune di quanto si creda. La moda, così come i cambiamenti climatici, cambia di continuo e riguarda tutti, dalla persona comune all’attore famoso, andando a toccare persino ambiti inaspettati come i giochi di carte sportivi: anche in quel mondo, la moda varia a seconda dello stile del momento e dell’eccentricità del personaggio.
Se è vero dunque che l’industria della moda ha uno stretto rapporto con l’ecologia, soprattutto a causa dell’impatto inquinante sull’ambiente, è altrettanto vero che il mondo della moda non può più far finta di nulla.
La prova che la sensibilità su questi temi stia crescendo viene anche dall’ultimo Pitti Uomo, che si è tenuto dall’8 all’11 gennaio scorsi. La 95esima edizione della prestigiosa manifestazione ha messo in evidenza l’attenzione al tema della sostenibilità ambientale. Riciclo, riutilizzo e abbattimento dello spreco sono state le parole d’ordine dell’evento; l’utilizzo di materiali di recupero – materiali che sarebbero dovuti finire in discarica, aumentando l’impatto inquinante – si è sposato con la creatività e l’intelligenza degli stilisti, che hanno dimostrato che anche con materiali apparentemente “poveri” si possono realizzare capi di grande eleganza e qualità.
La scienza, in questo senso, sta consentendo all’industria della moda passi da gigante. Pitti Uomo 95 ha dimostrato che si può andare incontro all’esigenze di riduzione delle emissioni, tant’è che alcuni hanno parlato di “svolta eco-tecnologica”. Per fare un paio di esempi, ecco la piuma sintetica Ecodown Fibers, realizzata per intero da bottiglie di plastica: un materiale che, unita a lana rigorosamente riciclata e pelliccia ecologica permette un ottimo isolamento termico. La collezione Clark’s Original ha presentato il mocassino Seven 14, caratterizzato dall’utilizzo della colla, gomma riciclata per la suola e sughero naturale.
Fonte: Pixabay – Author: Republica License: Pixabay License
Pitti Uomo 95 si è posto dunque come una sorta di laboratorio sulla sperimentazione di nuovi materiali, sia frutto di innovazione tecnologica, sia frutto dell’abile riutilizzo di materiali di scarto.
Significativa, in questo senso, l’esperienza di Ecoalf, che già dal 2009 produce un tessuto da rifiuti quali pneumatici usati, fondi di caffè, bottiglie di plastica.
A tal proposito, la moda italiana è particolarmente sensibile all’argomento. Nel 2011 la Camera Nazionale della Moda Italiana ha dato vita a un tavolo di lavoro permanente a tema “sostenibilità”, un tema a cui marchi top come Versace, Prada e Gucci prestano da tempo una grande attenzione.
Ci sono poi brand che hanno sposato in toto il tema della produzione sostenibile. Terre del Vento, per esempio, è un brand storico che produce una linea completamente in fibra naturale. L’azienda utilizza sia fibre come lino e cotone che fibre alternative e poco utilizzate come l’ortica e la canapa, piante che, oltretutto, non richiedono l’uso di prodotti chimici. Fibre ecologiche, provenienti da fonti rinnovabili, e biodegradabili: lo stesso spirito anima Pella Christina Papachristou, fashion designer greca che gira il mondo per trovare materiali ecologici e punta a un’industria “no-waste”, in cui gli sprechi e i rifiuti siano ridotti al minimo.
Dunque, l’evoluzione dei materiali consentirà all’industria della moda di ridurre il proprio impatto sull’ambiente, una sfida che già tanti brand e stilisti hanno accettato.
Segui MetaNews su Google News e sii il primo a conoscere tutte le Notizie dal mondo.