Per il momento è solo una bozza, ma ciò che quotidianamente emerge dalle linee guida che si stanno approntando in vista del “giorno del giudizio” per milioni di lavoratori, è sempre più difficile da capire. Il giorno dei giorni sarà il 15 ottobre prossimo, quando scatterà l’obbligo del Green pass per ogni ambiente di lavoro, anche per i lavoratori statali.
Emergono nuovi strumenti coercitivi per i lavoratori affinché finiscano con l’adeguarsi al nuovo obbligo del Green pass e quindi a vaccinarsi, dal momento che questo è l’obbiettivo, ormai nemmeno celato, del governo.
La certificazione verde continua a fare discutere
Essendo improponibile economicamente e praticamente, l’alternativa al vaccino, ormai è chiaro che obbligo del Green pass equivalga ad obbligo di vaccinazione. Tutto naturalmente senza che lo Stato si prenda le responsabilità delle conseguenze che il vaccino potrebbe produrre su chi se lo fa iniettare.
Perché lo Stato ti obbliga al Green pass, non al vaccino. E lo fa lasciando due piste aperte per adempiere, una facile e veloce, l’altra praticamente impraticabile.
E giorno dopo giorno emergono altri vincoli ed altre limitazioni affinché si adempia. Per i lavoratori dello Stato tempi duri. Con il Ministro Brunetta che fa da regista alle misure sempre più insostenibili imposte ai dipendenti (poi non si spiegano come abbiano preso una doccia fredda alle elezioni amministrative). Per gli statali, sembra che non ci sia alternativa al Green pass.
Smart working senza Green pass? Non si può
Il governo in questi lunghi mesi di pandemia, ha reso naturale l’utilizzo dello smart working affinchè, soprattutto gli uffici pubblici potessero continuare a funzionare anche con le inevitabili limitazioni per detonare la curva dei contagi.
Se nel privato si è utilizzata a macchia d’olio la cassa integrazione, nel pubblico i lavoratori hanno continuato a lavorare da casa. Adesso però Brunetta ha deciso di riportare tutti in presenza, sempre che le condizioni dei contagi lo permettano ovunque (stesso discorso per il Ministro dell’Istruzione con le scuole in presenza, salvo poi avere già 200 classi in quarantena oggi).
Sono ancora tanti i lavoratori pubblici senza certificazione verde, e dal 15 ottobre non potranno più entrare in ufficio o prestare servizio per le strade come per le Forze dell’Ordine. Qualcuno si domandava se l’alternativa dello smart working per i no Green pass fosse praticabile.
Quesito lecito come è lecito non volersi vaccinare. “Me lo hanno fatto fare per mesi e mesi, se sto a casa da solo, se non esco o se presto attenzione a dove vado, con mascherine, igienizzanti e distanziamento, potrei evitare il vaccino restando in servizio”, probabilmente questo ciò che alcuni lavoratori hanno pensato.
Ma non si può, perché nella bozza delle linee guida sulle regole del Green pass, lo smart working non può essere l’alternativa al lavoro in presenza offerta al dipendente pubblico che non sia in possesso del Green pass. A cosa serva tra le mura domestiche il Green pass nessuno lo spiega però.
Green pass, in sua assenza, niente scatti di anzianità e niente contributi
Le linee guida firmate dal Ministro della Salute Roberto Speranza e dal Ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, è ancora allo stato di bozza, ma ribaltoni in questo senso non sembra siano all’ordine del giorno.
Il nuovo decreto sull’obbligo del Green pass approvato il 16 settembre (decreto n° 127 del 2021) entrerà in vigore così come è stato partorito, come grimaldello per completare il processo di vaccinazione massiva della popolazione italiana.
Ma c’è dell’altro, come si legge sulle pagine del Sole 24 Ore. Infatti, nel testo del decreto si legge pure che il lavoratore senza Green pass della Pubblica Amministrazione, non solo non potrà svolgere smart working, ma si troverà rispedito a casa come assente ingiustificato. E resterà senza stipendio per tutti i giorni di assenza fino a Green pass ottenuto. Inoltre, oltre al diritto alla retribuzione, si perderà anche il diritto ai contributi previdenziali e ai periodi utili agli scatti di anzianità.
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