Gli italiani hanno diverse preoccupazioni al momento attuale. Su tante questioni di primaria importanza il Governo sta prendendo le decisioni proprio in questi giorni, tra cui il rincaro delle bollette e il taglio riservato alle famiglie più disagiate. Nei mesi a venire un’altra emergenza, l’ennesima, rischia di colpire la penisola: l’aumento del costo della pasta. Un bene di consumo fondamentale, un punto cardine della dieta mediterranea, adorata dagli italiani.
È sufficiente concedersi un giro lungo le corsie dei grandi centri commerciali per prendere atto di quello che sembra un potenziale pericolo. Fin qui sono scattati gli allarmi nell’ordine di qualche centesimo di euro, nulla in grado di ledere in misura considerevole le casse dei cittadini. Ma – e si tratta del vero problema – a partire dalle prossime settimane fino alle festività natalizie i valori potrebbero schizzare ancor di più verso l’alto, fino a 20 centesimi al pacco.
Pasta, cresce il valore: le stime
Un eventuale salasso che provocherebbe parecchio malumore, date le attuali condizioni di salute in cui versa il Paese. Se le stime trovassero conferma, scatterebbe un aumento di circa il 20 per cento di uno dei beni di primissima necessità, in parte imputato al cambiamento climatico da parte dei produttori.
Secondo certe statistiche, su base annua gli italiani consumano in media tra i 23 e i 24 chili di pasta, il che ci rende la Nazione dove se ne mangia di più in assoluto. In seconda posizione figura la Tunisia e a debita distanza, con 17 chili. Una netta ‘affermazione’, e non sorprendente, tuttavia capace di sortire disagi maggiori in confronto ad altri Paesi. I rincari vengono giustificati da una riduzione globale nella produzione di grano duro.
Uno scenario lungi dal considerarsi rassicurante a detta degli esperti, giunti a parlare di inflazione dei carboidrati. L’incremento dei prezzi dei prodotti cerealicoli è iniziato in passato, sebbene gli effetti sulla grande distribuzione si comincino ad avvertire giusto adesso. L’indice dei prezzi stilati dalla Fao per il mese di agosto ha registrato un più 3,4 per cento in confronto a luglio. Non tanto, a primo acchito. Peccato che, ampliando lo spetto d’analisi ed esaminando una finestra temporale annuale, sovvenga un rialzo del 30 per cento in 12 mesi.
La soluzione secondo Coldiretti
Le responsabilità andrebbero principalmente addebitate al Canada, il produttore numero uno su scala planetaria di cereali e fornitore per eccellenza dell’Italia, dove i raccolti sono diminuiti della metà per via dei cambiamenti climatici. La carenza di grano duro in tutto il mondo sta incidendo sul prezzo di vendita di numerosi articoli di prima necessità, al di là della pasta.
Pure il pane rischia, a sua volta, di subire pesanti rincari, alla pari dei dolci. Un risvolto dell’impennata della quotazione delle materie prime, fonte di ansia sia per le aziende che per i consumatori. In Campania, per esempio, si calcola che il prezzo del pane potrebbe salire fino a un euro al chilo.
Ad avviso di Coldiretti, la soluzione è presente in casa, attraverso una programmazione idonea, atta a consentire l’aumento della produzione di grano duro italiano in un contesto dove l’Italia importa circa il 40 per cento dell’ammontare di cui ha esigenza.
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