Ma non sarebbe stato più logico discuterne prima, magari in sede di stesura del decreto sul Green pass?
Un dubbio lecito questo che riguarda la Lega, Matteo Salvini e l’obbligo del Green pass sul posto di lavoro.
La Lega, spinta dall’umore degli imprenditori del Nord e dei governatori delle Regioni del Carroccio (Zaia per il Veneto e Fedriga per il Friuli), adesso chiede correttivi. Ma quali sarebbero questi ritocchi ad un decreto sul Green pass che da subito è sembrato rigidissimo?
Serve intervento immediato sul Green pass, lo vuole ma Lega
Certo che il provvedimento sul catasto ha dimostrato ciò che il governo può fare pure senza la Lega. Quando si decise di approvare in Consiglio dei ministri la riforma del catasto, quelli del Carroccio non parteciparono e abbandonarono il CDM.
Era l’indomani della sconfitta elettorale di Salvini e soci alle recenti amministrative.
Ma il governo forte dei suoi numeri ha dimostrato che della Lega può fare a meno.
Ed anche sulle modifiche sul Green pass chieste dal Carroccio, arriva il secco no dell’esecutivo.
Nessun intervento immediato dunque, niente da fare pere richieste leghiste.
Quali interventi avrebbe voluto la Lega
A dire il vero le richieste della Lega non erano certo di largo impatto. Si chiedeva solo di estendere a 72 ore la validità del tampone per i lavoratori che non volevano vaccinarsi. E di chiedeva di permettere alle imprese di organizzarsi, magari attraverso accordi con le farmacie, per eseguire in autonomia i tamponi sui lavoratori che non intendono vaccinarsi contro il coronavirus.
Interventi pro aziende, preoccupate di ritrovarsi il 15, senza numerosi lavoratori.
Perché è vero che inizialmente l’obbligo di Green pass sembrava mettere in croce solo i lavoratori, ma poi si è capito che il lavoratore è importante anche per l’azienda e non solo per il suo conto in banca.
I lavoratori senza stipendio soffrono, ma soffrono pure le aziende senza lavoratori.
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