Se fosse uno studente, magari di qualche high school americana, il canone Rai non sarebbe di certo il ragazzo più popolare della scuola. Non farebbe a gara per frequentare le ragazze più belle dell’istituto e assicurarsi il titolo di Re del ballo. E come sindacare: le tasse di per sé non suscitano una naturale simpatia. Ma ciò è ancora peggio nel momento in cui i contenuti del servizio radiotelevisivo pubblico non vengono mai praticamente goduti. Indipendentemente da quale sia la propria opinione circa la qualità del servizio, e dalla sua effettiva fruizione, il conto è incluso in bolletta. Adesso arriva la notizia in grado di dare ulteriore sconforto ai cittadini. Non un qualcosa di sconvolgente, tuttavia di anacronistico probabilmente sì.
La situazione economica in Italia e nel mondo non è delle migliori, perciò sarebbe lecito aspettarsi una aiuto da parte dei palazzi di potere. Peccato che le cose vadano esattamente al contrario. L’amministratore delegato della Rai ha, infatti, intenzione di ampliare il pagamento del canone Rai pure ai dispositivi elettronici. Il motivo sta nell’omologazione agli altri Paesi europei, che non fanno alcuna distinzione tra apparecchi televisivi ed elettronici. Poi scatta un discorso di equità. Il canone si paga per il possesso del televisore. In linea teorica è un’imposta, ma nella realtà consiste in una tassa sotto false spoglie.
Canone Rai: si amplia il bacino dei soggetti interessati
Formalmente con il canone si va a pagare un tributo per la mera detenzione di un televisore ed è dunque un’imposta. Come dicevamo qualche riga sopra, dietro si nasconde una tassa perché altro non è che un contributo dei cittadini al servizio offerto dalla tv di Stato. Messo sotto tale prospettiva, allargare l’imposta pure al possesso di strumenti elettronici che consentono l’accesso ad internet e, pertanto, ai servizi Rai, va incontro ad una contraddizione formale.
Tuttavia, figura anche un discorso di equità, da un certo punto di vista accettabile, poiché è comprensibile che il contributo alla tv statale giunge da chiunque abbia uno strumento per accedervi. Gli smartphone e i tablet, che ci intrattengono ogni giorno, permettono di fruire dei canali Rai (tramite apposita app o direttamente da browser), perciò, nel momento di parlare di decisione anacronistica, non volevamo, ovviamente, intendere questo. La nostra considerazione era, invece, dettata dal fatto che la mossa andrà a colpire pure coloro che magari rinunciano al televisore in quanto non se lo possono permettere. E non perché hanno in mente di eludere il sistema.
Comunque, alla importante svolta ha preso campo Codacons. In una nota, l’associazione dei consumatori ha fatto chiaramente sapere di supportare l’abolizione del canone Rai, definita l’imposta più odiata dagli italiani. Una vera e propria vessazione degli utenti – si legge -, che si sono ritrovati a ricevere bollette più care per via del provvedimento assunto dal Governo Renzi.
Il riferimento va pure all’inserimento del canone nella bolletta per la fornitura di energia elettrica allo scopo di raggiungere più utilizzatori dei servizi Rai che in precedenza non corrispondevano il canone. Nel Vecchio Continente ci sono determinati Paesi che gestiscono la tv di Stato senza addebitare un canone in separata sede, ma direttamente dalle entrate che incassano mediante i vari tributi. Sono i casi di Regno Unito, Spagna, Olanda, Belgio, Croazia e Danimarca.
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